L’antologia “Racconti tra le nuvole” V° edizione 2017 contiene un mio racconto racconti classificatosi tra i primi venti.
In volo al chiaro di luna
Un sogno ricorrente, una notte serena, la nebbia che copre la pianura e il carburante che sta finendo. Alla fine l’aiuto da parte di una barbagianni che guida il protagonista e il suo elicottero alla base. Impossibile?
Disponibile tramite LoGisma editore oppure Amazon.
La premiazione è avvenuta all’interno dello spettacolare “Hangar Badoni” nel Museo Storico dell’Aeronautica Militare.
IN VOLO AL CHIARO DI LUNA di Giovanni Odino (estratto)
Vola a lato dell’elicottero… Cosa ci fa un barbagianni in volo, quassù? Che strano, tiene il capo girato verso di me. Sembra che mi guardi.
Mi sforzo di essere lucido e osservo il rapace che ha un comportamento inconsueto: si avvicina all’elicottero, mi guarda e poi accenna a prendere una direzione di volo, si volta di nuovo e ritorna vicino. I due occhi, neri, immersi nel cuore bianco, mi ricordano il sogno, ma non ne capisco il nesso, se un nesso c’è.
Odo, prima come un leggero suono dal tono stridulo, poi sempre più distinguibili, le parole: “Seguimi Edoardo. Non temere. Io sono con te.”. Non provengono dall’esterno, non le sento con il senso dell’udito. Le avverto formarsi chiare nel mio cervello.
Il barbagianni mi sta parlando? O meglio: mi sta mandando un messaggio telepatico? E ancora sento chiaramente: “Edoardo, seguimi. Fidati di me, non abbiamo più tempo.”. Questa volta le parole mi giungono fortissime, come se avessi nelle orecchie gli auricolari di un telefonino con il volume al massimo.
Mi viene in mente Spencer Tracy nel film: Joe il pilota. Forse il rapace è il mio angelo custode incaricato di proteggermi. Forse a me hanno assegnato un angelo-barbagianni, non meritavo di più. E questa la dice lunga sulla considerazione che hanno di me lassù. Oppure è come nel romanzo di Forsiyth: Il Pilota, dove un aviatore, in volo di notte sopra la nebbia e senza radio, è salvato dallo spettro di un ex combattente che conduce l’aereo che aveva usato in battaglia nella seconda guerra mondiale. Nel mio caso è uno spettro-barbagianni.
A un tratto tutto mi diventa chiaro. Ho capito, finalmente ho capito: devo seguire il mio barbagianni-guida. Di tante cose inspiegabili che succedono, perché questo non potrebbe accadere proprio per me? “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio – o Edoardo -, di quante ne sogni la tua filosofia”. Ecco, forse Shakespeare aveva ragione.
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L’antologia “Racconti tra le nuvole” VI° edizione 2018 contiene il mio racconto racconti classificatosi tra i primi venti.
L’ultimo pilota
Un soccorso in montagna particolarmente difficile in un mondo futuro dove i voli sono a pilotaggio remoto e i trasgressori vengono abbattuti. Alcuni non si rassegnano e mettono in campo le loro esperienze e capacità.
Quanto disponibile presso LoGisma editore oppure Amazon.
L’ULTIMO PILOTA di Giovanni Odino (estratto)
Alla Centrale Unica Emergenza l’atmosfera era tesa. Il grande monitor olografico mostrava le immagini tridimensionali di un soccorso in montagna. Due uomini erano addossati a una parete di roccia. Uno si trovava in evidente stato d’incoscienza, l’altro aveva l’avanbraccio destro avvolto da un bendaggio insanguinato. Poter osservare la scena da tutti i punti di vista, ne metteva in evidenza la forte drammaticità.
Dino, il pilota al posto di guida remoto, stava agendo sulla piccola cloche del dispositivo e sulle altre leve e tasti della postazione. Destra, sinistra, indietro, avanti: tutto sembrava funzionare a dovere. Tranne quell’impedimento sul finale.
«Qualcosa provoca un segnale errato che fa bloccare il drone» commentò indicando il numero lampeggiante. «Il sistema di protezione riceve l’informazione ridotta a un millesimo di quella reale e impedisce di farlo avvicinare.»
«Non si può rimuovere il blocco?» chiese Gina, la dottoressa responsabile della sezione Emergenza Sanitaria della Centrale.
«No, il sistema è inaccessibile proprio per evitare quegli errori che nel passato provocarono incidenti mortali.»
«Ma con il controllo manuale…» continuò Gina.
«Tutto fa capo alla sezione droni di Eurocontrol tramite la rete satellitare Galileo. Con il comando manuale il blocco rimane perché le separazioni tra gli aeromobili non si possono eludere» spiegò Dino con un po’ di sufficienza, visto che era l’ennesima volta che ripeteva quei concetti.
«Già…» rispose laconica Gina.
L’arrivo di Paola, la responsabile delle tecnologie della Centrale, interruppe la conversazione. «Da Bruxelles ci hanno informato che la causa è un bug nel software che interessa solo la nostra area. È possibile atterrare negli eliporti codificati, ma fuori da quelli subentrano i limiti falsati.»
«Potrebbero intervenire i militari?» insistette Gina.
«Loro hanno una rete satellitare autonoma, ma hanno pochi droni specializzati nei soccorsi. Al momento sono impegnati nel naufragio di una nave da crociera nel Mar Ionio. Hanno risposto che sono dispiaciuti, ma non possono aiutarci» informò Dino.
«La ditta fornitrice del software sta controllando la copia-matrice» continuò Paola. «Ha fatto sapere che sarà impossibile finire le simulazioni, e quindi apportare le correzioni, prima di un paio di giorni.»
«Quanto tempo di sopravvivenza è stimato?» chiese ancora Gina.
«Al momento, considerando tutti i parametri e le variabili, la risposta del valutatore automatico è tra le tre e le quattro ore» rispose Rita, il medico di turno.
«Una squadra da terra farebbe in tempo?»
«Da quando sono usati droni autonomi che volano in qualsiasi condizione meteorologica» intervenne Lino, consulente in Centrale del Soccorso Alpino «abbiamo disponibili sono pochi tecnici soccorritori abilitati. Solo per poterci organizzare e raggiungere i due, ci vorrebbe molto di più del tempo di sopravvivenza.»
A nessuno, tra i presenti, venne il desiderio di aggiungere altro.
All’eliporto dell’Ospedale Regionale l’andirivieni dei silenziosi droni elettrici era continuo. Il sistema di guida interconnesso coordinava il traffico in completo automatismo. I trasferimenti dei pazienti avvenivano dietro semplice richiesta compilando il form on-line. Sul monitor del reparto, o direttamente sul display del device multifunzionale che tutta la popolazione portava al polso, chiamato normalmente CallAll, compariva l’ora della partenza del drone e lo stimato per l’arrivo a destinazione.
Vent’anni prima, nel 2040, nell’HEMS/SAR, il Servizio di Emergenza Sanitaria e di Ricerca e Salvataggio con elicotteri, così come stava avvenendo nelle operazioni aeree di tutto il mondo, si iniziarono a utilizzare gli elicotteri senza pilota. Li chiamavano Unmanned Helicopters. All’inizio gli addetti ai lavori non si fidarono di quei nuovi mezzi e ne osteggiarono l’impiego. Poi, un poco alla volta, i risultati cominciarono ad arrivare e nessuno mise più in dubbio l’aumentata efficacia e sicurezza dei soccorsi. Nel primo decennio era stato mantenuto a bordo un pilota di controllo, in seguito si decise di farne a meno e furono impiegati, a tutto vantaggio dei costi e del carico utile, solo dei droni a propulsione elettrica privi di cabina di pilotaggio e attrezzati per intervenire senza la presenza di personale. Ai pazienti, imbarcati e sistemati all’interno di un guscio protettivo autonomo connesso con il sistema di monitoraggio sanitario centralizzato, venivano inserite sonde e collegamenti venosi. Durante il trasporto, in caso di necessità, automaticamente o con comando remoto, si poteva intervenire su di loro con farmaci e con operazioni chirurgiche d’emergenza. Il tutto era veloce, efficiente, sicuro ed economico. L’equipaggio di soccorso poteva ancora essere presente in alcune situazioni alpine o in aree disagiate, quando il paziente non era collaborativo, non era presente personale a terra e si presumeva che il recupero con le propaggini robotiche potesse provocare dei danni alle persone.